Sai Borgoglio, non vedo l’ora di illustrare dettagliatamente le vicissitudini di mio padre nei tuoi ospedali. Hai presente? “Tintarelle” a cui non è il caso di sottoporre pazienti (mio padre) in stato semi-vegetativo (detto in mia presenza da una corpulenta neurologa o neurochirga a Perugia).
Cateteri dell’orina lasciati chiusi in terapia intensiva a Castello e tu che chiami tutto il personale, ma ti dicono che è il tremito delle mani che fa schizzare i valori dei macchinari, suonare gli allarmi e strabuzzare e lacrimare gli occhi di tuo padre, fino a che la natura e il suo fisico robustissimo non espelle il catetere da solo e poveretto riesce a farla.
Per non parlare dei vermi nelle parti intime con cui è stato ricoverato da medicina in RSA che però, guarda caso, non ha il sollevatore, per cui mio padre rimane allettato 10-12-15 giorni non ricordo, ma ricordo benissimo i primi arrossamenti da decupito..
E c’è anche l’omerico iter della domanda d’invalidità, che sistematicamente si perdeva nei tuoi corridoi.
Di tutt’altro tenore la chirurgia vascolare di Arezzo, in cui si è pensato bene di umiliarmi invitando un trans in corsia, come se io fossi avvezzo a certi piaceri (non trovi nè un trans, nè un omossessuale, nè una prostituta nella mia vita: stronzo!). Immagino che abbiano preso tutte le precauzioni del caso: in chirurgia corre il sangue e quasi sempre le ferite sono aperte. Quelle sono categorie ad altissimo rischio che vanno certamente curate, ma con cui non ci si può assolutamente permettere di scherzare in un ospedale, specie in un reparto di chirurgia.
Questa, Borgoglio, è solo una breve disamina dei casi, ma sufficiente a farti immaginare l’appetito che scatenerebbe in un avvocato qualora qualcuno capisca, per grazia, il senso di quelle cose semisferiche che ciondolano tra le gambe e parli dicendo che l’ordine di colpire mio padre e mia madre (sì, c’è anche lei) per arrivare a me è partito dai tuoi o addirittura da te
Immagina Borgoglio, immagina…